Per questa volta non si parla di film ma di un libro.
Non si parla di cibo ma di fame: quel tipo di fame che nessuno di noi ha mai provato.
La privazione di tutto, dal cibo agli affetti che, per paradosso, divora l’anima fino a ridurla ad uno scampolo emaciato.
I Cariolanti si legge in una sera.
Uno di quei libri da cui è impossibile staccarsi per trama e per struttura stilistica e narrativa.
Il racconto giunge più all’orecchio che all’occhio del lettore in una prima persona gravata da infantilismo, ignoranza e lucidità ad un tempo.
Il tutto con qualche fugace trovata scenica utile a fornire a chi si figura Bastiano, così si chiama il protagonista, il punto di vista degli altri.
Bastiano fa paura. Tutto il romanzo è un crescendo di atrocità grottesche subite e commesse da un ragazzo che, lentamente, diventa adulto nella maniera più animale possibile.
Ed è proprio la totale deprivazione di cibo, averi, affetti, sostanze… la clamorosa assenza del minimo briciolo di un qualcosa – qualsiasi cosa – che lo rende animale.
Bastiano è una bestia e come tale si muove, tra istinto e astuzia ferina.
E almeno fino ad un certo punto lui, nella sua allucinante condizione morale e famigliare ci si trova, elaborando gli accadimenti le mostruosità e il destino di certe vittime, come farebbe un animale per cui non esistono buoni e cattivi.
Esiste l’esigenza. Esiste la fame.
Ma il culmine, la ferocia vera, giunge ogni volta che Bastiano, dal cane inselvatichito che è diventa uomo.
È quando l’opportunismo e l’invidia prendono il sopravvento che la fame che lo accompagna continuamente non trova sfogo se non in un moto di superba crudeltà.
La differenza tra l’uomo e la bestia sta tutta lì.
Non è questione di ammazzare: è quando ci provi gusto che sei davvero inequivocabilmente una persona.
Il libro prossimamente uscirà in nuova edizione. Non lasciatevelo scappare (non è detto che non vi insegua lui, per altro).
Qualora, se non altro per oggettive questioni di prudenza esistenziale, il lettore decidesse di non affrontare questo libro a stomaco vuoto, suggerisco un abbinamento semplice ma incredibilmente adatto.
Un ottimo pecorino al pepe, intenso e saziante, con pane toscano e Vermentino nero: il povero Bastiano ha avuto modo di assaggiarlo, quel formaggio – con pessime conseguenze, per altro – ma non avrebbe mai potuto assaggiare il vino.
Infatti il vitigno negli anni del primo dopoguerra divenne sempre più raro fin quasi a scomparire poco dopo il secondo.
Ritornò in auge, più chiaro e meno intenso, nel corso degli anni Ottanta arrivando oggi a raggiungere un buon equilibrio tra gradazione e aroma.
Quello suggerito infatti rimane uno degli abbinamenti migliori, in considerazione del fatto che il sapore della bevanda rosso rubino non copre ma esalta il profumo del formaggio e potrebbe benissimo risultare gradevole con alcuni frutti di bosco, miele di castagno o una composta di more.
Il bosco non deve mancare.
Ma mi raccomando, sconsiglio a tutti di attraversarlo, se non siete lupi o certe bestie di cui è bene non scovare la tana.
Valeria Munari per SaporOsare