Parlare dei Guns non è certo cosa facile: troppe le cose da dire, troppe quelle da non ricordare.

Di certo vi è che tutto ebbe inizio circa nel biennio ‘84/’85, quando un tipo problematico e squattrinato, fuggito da Lafayette nell’Indiana, incontrò a Los Angeles  un meticcio figlio d’arte di Stock-on-Trent, che suonava la chitarra come un Dio e si era trasferito lì da piccolo coi genitori. L’articolo potrebbe terminare tranquillamente qui: in extrema ratio, questi e solo questi sono i Guns, tutto il resto è solo un fantastico, irrinunciabile e non necessario corollario.

Per i più accaniti e nostalgici sostenitori del gruppo, Izzy Stradling è la vera e geniale mente dei Guns; per i new punk-metal fans, Duff McKagan è il magnifico e unico armonizzatore dei suoni targati Guns; e ancora, per i fricchettoni metallari la vera anima empatica collante di un ritmo strabuzzato, grezzo e potentissimo non è altro che il sensibilissimo ed epicureo Steven Adler. Ebbene, avete tutti ragione. Proprio per questo in realtà i Guns sono solo e solamente Axl e Slash, anche se adoro come tutti voi, se non di  più, l’iconico Izzy, il dolcissimo Steven e il grandissimo Duff.

Il fenomeno Guns, che avrebbe rivoluzionato la scena rock anni ‘80 e ‘90, muove i primi passi in una Los Angeles brutta, sporca, pervertita ma immensamente prolifica di talenti musicali. Un melting pot di razze, di influenze artistiche, di commistioni di generi musicali che si fondono insieme in una sorta di mors tua vita mea degna dei più sudici postriboli parigini anni Venti. Ma come si sa bene, solo da questo humus posso emergere le più preziose gemme allo stato grezzo che possiate immaginare, e i nostri amici, Axl & Company, appartengono di diritto a questa categoria. Anzi, oserei dire, ne sono la più fulgida e luminescente testimonianza.

A proposito di mors, i nostri paladini la morte l’hanno rischiata più o meno tutti e anche più di una volta, ma è chiaro che se a colazione si ha l’abitudine di consumare spogliarelliste e droghe a profusione inzuppate nell’alcool, la possibilità di rimanere vivi è solo una scommessa del destino. Ma non voglio soffermarmi più di tanto su questo aspetto solo per saziare l’insana fame di chi vuole sapere quante volte Slash sia finito in overdose, o quante cliniche psichiatriche abbia visitato il buon Axl, oppure se Duff abbia ancora o meno il pancreas.

Per fortuna i nostri eroi, chi più chi meno, hanno vinto la loro scommessa col destino ed è stato possibile vederli splendere a metà giugno in una Firenze illuminata di super rock per quattro giorni: certo un po’ più vecchi, un po’ meno belli, ma sempre con le unghie affilatissime [Duff, comunque, è il più in forma di tutti].

Ed è proprio da qui che parte la mia riflessione: com’è possibile che nonostante i chili di droga assunti senza criterio, i litri di vodka e Jack Daniel’s [il bollettino recita che Duff e Slash ne facessero fuori due bottiglie a testa al giorno e solo per scaldarsi] consumati in festini che strabordavano di donne per la modica cifra di  150.000 dollari a sera [ai tempi d’oro], questi siano ancora vivi?

La risposta è semplice: sono dei predestinati, un raro agglomerato di molecole e atomi che tramite qualche strano procedimento chimico interagiscono dando origine al più puro distillato di vita che si definisce Genio. Solitamente ritengo che questo termine debba essere usato con parsimonia e che troppe volte se ne faccia un uso improprio, ma in questo caso, ragazzi miei, non c’è gara: questi vengono da un altro pianeta.

Da qui sorge spontanea la domanda principe: come fare a trovare un cocktail o una bevanda da abbinare a questo gruppo di pazzi scatenati che hanno venduto 100 milioni di dischi in tutto il mondo, hanno costruito e sfasciato tutto lo scibile, hanno amato e distrutto tutto per poi ricostruirlo? Un aggregato umano che a ben vedere contiene tutte le contraddizioni possibili in valore assoluto: Axl-Slash, erosthanatos, eroina-cocaina, donna-uomo, uomo-animale, raziocinio-istinto, isteria-calma, paranoia-disinteresse totale, bianco-nero, biondo-moro, e via così.

Questi attributi, che sono stati realmente affibbiati ad Axl e Slash, la vera anima dei Roses, non fanno altro che descrivere magistralmente l’essenza Guns ma rendono altrettanto difficile il poter associare a questo favoloso gruppo di musicisti un cocktail solo.

Avrebbe potuto essere il Sex on the beach, in quanto il sesso come la droga e gli abusi in genere tratteggiano assai bene il profilo dei Roses, e on the beach in quanto provenienti da Los Angeles, patria di spiagge meravigliose in perfetto American style. Per chi avesse ulteriori dubbi a riguardo, invito ad ascoltare attentamente Rocket Queen dove Axl fa letteralmente sesso in sala registrazione con una fiamma di Steven Adler [poverino, sempre lui ci rimette!], ovviamente non preoccupandosi minimamente che gli altri stessero assistendo, in perfetto Guns’ style.

La seconda opzione era doverosamente il Jack Daniel’s in variante Whisky on the rocks per le mostruose quantità consumatene da Slash, ma questa scelta, sebbene di sicura efficacia didascalica, si è dimostrata a mio modo di vedere un po’ banale e quindi non-Guns.

Poi, finalmente, l’illuminazione è arrivata e la scelta è ricaduta su un vino.

Un vino rosso, un vino assai scadente, un vino da 1 dollaro a 29 a bottiglia in vendita nel negozio di liquori dietro il magazzino in cui dei Guns alle prime armi vivevano di espedienti e dormivano, usandolo come sala prove o come ritrovo per le loro feste private. In poche parole il luogo che all’epoca rappresentava per i nostri eroi tutta la loro vita. In uno slancio romantico, ciò che meglio non si potrebbe definire come la culla dei Guns n’ Roses, il brodo primordiale che diede i natali alla band che per un decennio circa avrebbe dato la scossa al mondo intero.

Nella canzone Nightrain i Guns celebrano quel vino, il Night Train, che li detona come pochi altri alcolici e costa pochissimo. Una manna per cinque indigenti come loro, che devono farsi mantenere molto spesso dalle spogliarelliste che frequentano, e che devono impegnarsi col volantinaggio per farsi conoscere e riempire i locali del Sunset Strip in cui si esibiscono la sera, ricavandone due soldi. Eppure, proprio grazie a una di queste trascinanti esibizioni, la fortuna arriva e il loro destino cambia.

“La prima volta che ho scoperto il vino Nightrain, fu una notte durante una di quelle epiche sessioni di affissione dei volantini, che si realizzava meglio se accompagnata dal bere da una busta di carta.” [Duff McKagan – tratto da It’s so easy e altre bugie]

“I versi di quella canzone hanno un ritmo che fin dall’inizio mi fa impazzire. Quando poi avemmo il palco enorme, correvo da una parte all’altra, saltavo dagli amplificatori e perdevo la testa ogni singola volta che la suonavamo.” [Slash – tratto dall’omonima autobiografia]

L’album di esordio, Appetite for destruction, che quest’anno dopo 31 anni dall’uscita vede una nuova edizione comprensiva di un singolo, Shadow of your love, che non finì nella prima versione, è stato un’autentica deflagrazione nel mondo del rock ed è nato proprio grazie a un concerto dal vivo a cui assistette Tom Zutaut, talent scout della Geffen. Vedendoli, capì subito il potenziale e scommesse su di loro, vincendo a mani basse: l’album è al quarto posto dei cento migliori esordi secondo Rolling Stone. Dalla canzone-manifesto Welcome to the jungle alla sfacciata It’s so easy, di cui all’epoca fu censurato il video [ora disponibile nella versione non edulcorata], dalla ribelle Out ta get me all’erotica Anything Goes, dalla dolcissima Sweet child o’ mine, che decretò la consacrazione al successo dell’album, alla mitica Paradise City, con cui i nostri concludono tutti i concerti. E poi ancora Mr. Brownstone, sulle abitudini tossiche, My Michelle, crudissima e al contempo piena di speranza, Think about you e You’re crazy, due lati della stessa medaglia, il rapporto controverso con le donne, amanti da cui essere salvati e streghe da cui fuggire.

In tutto questo fermento creativo, il Nigh Train dettava legge, e Nightrain nacque proprio durante una serata brava in cui i membri del gruppo evocavano quel vino urlando per le strade di Los Angeles quelli che si sarebbero trasformati nei versi della canzone, senza sapere che di lì a poco sarebbero esplosi in tutta la loro energia e definiti “the Most Dangerous Band in the World”. Fino alla rottura, vent’anni di polemiche, e infine una reunion da sfracelli a smentire il “not in this lifetime” dell’ostinato Axl che a Firenze ha persino sorpreso tutti e cantato con Dave Grohl, seppellendo l’ascia di guerra dei tempi dei Nirvana: si nasce incendiari, si muore pompieri, no?

Adesso credo proprio che vi sia chiara la portata del fenomeno Nightrain e di quanto sia stato fondamentale per la storia dei nostri eroi, dal momento che questa e Welcome to the jungle furono le due canzoni che convinsero Mr. Zutaut a scritturare la giovane band per il loro primo vero contratto da professionisti.

Quello fu il momento topico che diede origine alla magnifica favola che noi tutti oggi conosciamo.

Perché si sa:

la più luminosa delle stelle può nascere solamente da un tremendo, imperscrutabile, buio e magnifico momento di caos.

Refolo de Botafogo per SaporOsare


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